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Terrae Antiqvae

Siguen cayendo los mitos de Roma: la Loba Capitolina tiene 1.400 años menos

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David Lees/Time Life Pictures/Getty Images

Primero cayeron Rómulo y Remo. Ayer le tocó el turno a la Loba Capitolina. Los arqueólogos no dejan títere con cabeza pero, como siempre, Roma seguirá fiel a sus símbolos, aunque sean falsos.

El año pasado se confirmó que la ciudad es muy anterior al 21 de abril del año 753 antes de Cristo, fecha de su legendaria fundación, que fue punto de partida del calendario durante muchos siglos. El descubrimiento dejaba sin el mérito fundacional a los míticos gemelos Rómulo y Remo, que se lo habían apuntado durante dos milenios.

Ayer, los gemelos se quedaron, además, sin la loba que los amamantaba. Se la quitó el ex superintendente arqueológico de Roma, Adriano La Regina, que ha protegido durante treinta años el mayor yacimiento arqueológico del mundo.

Ningún otro se hubiera atrevido a hacerlo, por miedo a que el «Senatus PopulusQue Romanus», SPQR, el Ayuntamiento, le arrojase desde la roca Tarpeya. Se aceptaba, eso sí, que los gemelos regordetes habían sido un añadido del año 1471.

En un largo artículo periodístico, Adriano La Regina, que es además profesor de Etruscología, afirma lo que los expertos sabían: la Lupa Capitolina no es una escultura etrusca del siglo V antes de Cristo sino una obra medieval, documentada en el siglo IX después de Cristo. Se supo ya en el 2000 cuando, al restaurarla, se descubrió que había sido fundida en una pieza mediante la técnica del vaciado de cera. Pero nadie tuvo el coraje de decírselo a los romanos. Hasta ayer.

Fuente: JUAN VICENTE BOO, Roma / ABC.es, 18 de noviembre de 2006
Enlace: http://www.abc.es/20061118/cultura-patrimonio/
siguen-cayendo-mitos-roma_200611180330.html


*** Rómulo y Remo

Según la tradición romana, Rómulo fue el fundador de Roma y del senado romano junto con su hermano gemelo Remo.

Leyenda

Numitor era rey de Alba Longa. Fue destronado por su hermano Amulio, quien lo expulsó de la ciudad, mató a sus hijos varones y obligó a su hija Rea Silvia a dedicarse al culto de Vesta. El dios Marte fue el padre de Rómulo y Remo.

Silvia tuvo dos gemelos a los que llamó Rómulo y Remo. Cuando el rey Amulio se enteró ordenó que los colocaran en una cesta en el río Tíber para que fueran arrastrados hasta el mar y murieran ahogados. La cesta embarrancó. Los pequeños fueron amamantados por una loba, Luperca, y más tarde recogidos por el pastor Fáustulo y cuidados por su mujer, Aca Larentia. Se decía que habían sido educados en Gabio, centro cultural del Lacio; más tarde se dedicaron al bandolerismo. Cuando crecieron descubrieron su origen, por lo que regresaron a Alba Longa, mataron a Amulio y repusieron a Numitor en el trono. Rómulo fue el salvador de su hermano, Remo, que había atacado a los pastores del rey Amulio.

Los dos hermanos decidieron fundar una ciudad, la futura Roma, en una llanura del río. Trazaron con un arado el perímetro según el rito etrusco y Rómulo juró matar a todo aquel que traspasara los límites sin permiso. Discutiendo sobre el nombre de la ciudad decidieron que lo elegiría aquel que avistase más pájaros, prueba que superó Rómulo y otorgó a la ciudad el nombre de Roma. Remo, enojado, discutió con Rómulo y borró el surco de los límites de la futura ciudad. Cumpliendo el juramento, Rómulo lo mató.

La ciudad se levantó en el pomerium palatino, y Rómulo quedó como único soberano. Para poblar la ciudad, Rómulo aceptó todo tipo de gentes: refugiados, libertos, esclavos, prófugos, etc. Sin embargo, con este método la población era eminentemente masculina. Organizó unas pruebas deportivas a las que invitó a una población vecina y que aprovechó para raptar a sus mujeres (el Rapto de las sabinas). Todo acabó amigablemente y Rómulo formó con el rey sabino, Tito Tacio, una diarquía que duró poco, hasta la muerte del sabino.

Como fundador de Roma se le atribuyen las antiquísimas instituciones de la ciudad. Existen varias versiones de la muerte de Rómulo, bien por una tempestad provocada por su padre Marte o bien asesinado por unos senadores discrepantes. En honor a la fecha de su desaparición se celebraban las fiestas Nonas Caprotinas.

Le sucedió en el reinado de Roma Numa Pompilio.

En la cronología actual la fecha de la fundación de Roma se fijó el 21 de abril de 753 adC. Esta fecha era el año 0 para el Imperio romano, ya que se la tomaba como punto de referencia para fechar eventos en el mundo romano. Se lo aludía como el Nacimiento de Roma (200 aUC: Anno 200 ab Urbe Condita: «En el año 200 desde la Fundación de la Urbe o del Nacimiento de Roma»

Fuente: Wikipedia.org


(2) Roma, l’inganno della Lupa è "nata" nel Medioevo

Grazie alla tecnica di fusione del bronzo è statu possibile svelare l’origine della famosa opera. Scultura simbolo della città, si pensava che risalisse al V secolo avanti Cristo. Ora uno studio ne ha accertato l’età reale.

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La Lupa Capitolina

Opera d’arte celeberrima, simbolo di Roma e rappresentazione emblematica delle sue origini leggendarie, la Lupa capitolina è da sempre considerata uno dei capolavori dell’antichità. Compare nei manuali di storia dell’arte come oggetto di produzione etrusca.

Già attribuita a Vulca, il grande scultore di Veio chiamato a Roma nel tardo VI secolo per decorare il tempio di Giove capitolino, la Lupa è stata più di recente giudicata opera di un artista veiente della generazione successiva, il quale l’avrebbe plasmata e fusa tra gli anni 480-470 avanti Cristo. È invece noto da tempo che i gemelli sono stati aggiunti nel 1471 o poco dopo quando il bronzo, donato da Sisto IV alla città di Roma, fu trasferito dal Laterano sul Campidoglio.

Ora ci viene dimostrato, con argomenti inoppugnabili, che neanche la Lupa è antica. Per caratteristiche tecniche essa si inserisce infatti coerentemente nella classe della grande scultura bronzea d’epoca medievale, mentre per qualità formali può essere attribuita ad un periodo compreso tra l’età carolingia e quella propria dell’arte romanica.

Nel 1997 il restauro della scultura fu affidato ad Anna Maria Carruba, una storica dell’arte restauratrice che da anni si dedica alla conservazione di bronzi antichi, la quale ha svolto accurate indagini intese anche a determinare la tecnica di fusione. Ne risultò che la scultura era stata fusa a cera persa col metodo diretto effettuato in un solo getto. Questa tecnica si evolve e si raffina in età medievale al punto di consentire la fusione di grandi bronzi, anche per l’esigenza di fondere le campane senza saldature e difetti, onde ottenerne purezza di suoni.

I bronzi d’epoca antica, greci, etruschi e romani, si distinguono da quelli medievali per la fusione in parti separate, poi saldate tra loro. Secondo la tradizione Rhoikos e Theodoros, due scultori greci del VI secolo a. C., "i primi a liquefare il bronzo ed a fondere statue" nelle parole di Pausania, avrebbero trovato il modo di ottenere le fusioni più accurate. La loro innovazione può essere riconosciuta, e questo è un altro importante contributo originale di Anna Maria Carruba, non nell’invenzione della fusione, già nota da tempo per la piccola plastica, ma piuttosto nella scoperta della tecnica della saldatura di parti fuse separatamente mediante l’impiego di altro bronzo come materiale saldante, definita "brasatura forte".

La tecnica adottata dal mondo greco, poi introdotta in Etruria ed a Roma, risulta estremamente più duttile nella costruzione dei volumi e dei sottosquadri, consentendo così di raggiungere risultati di grande ardimento compositivo e superando i limiti di stabilità imposti persino dal marmo, il più nobile dei materiali lapidei. Consente inoltre di ottenere livelli di qualità finissima nel plasmare le superfici, ed assicura infine un beneficio non secondario nel ridurre i rischi di fallimento durante i processi di fusione.

La tecnica medievale di fusione in un solo getto comporta invece l’adozione di forme ben più rigide, meno libere nello spazio, ma con indubbi vantaggi sotto il profilo funzionale, com’è nel caso delle campane; solamente nel Rinascimento si sarebbero raggiunti con l’impiego di questa tecnica, ed è celebre l’esempio del Perseo di Cellini, risultati per qualità paragonabili a quelli che in antico erano stati ottenuti con la fusione in parti separate.

La Lupa capitolina ha occupato una strana posizione nella storia dell’arte. Se si escludono alcuni studiosi dimenticati del XIX secolo, i quali ne avevano intuito l’origine medievale senza tuttavia dimostrarla, il contributo critico che oggi possiamo considerare il più importante tra quelli del Novecento è senz’altro dovuto ad Emanuel Ltwy, che basandosi solamente sull’analisi dei caratteri formali già nel 1934 escludeva la possibilità di attribuire la scultura alla produzione artistica etrusco-italica.

La critica si è però prevalentemente orientata, dapprima con qualche riluttanza e poi più decisamente, verso una sua collocazione nel mondo antico, individuandone la provenienza di volta in volta in ambienti della Magna Grecia, di Roma, dell’Etruria. Nella prima metà del Novecento con Giulio Quirino Giglioli, in un clima di entusiasmo per la scoperta dell’Apollo di Veio e di rampante nazionalismo, la Lupa "minacciosamente pronta a tutelare il popolo che la venerava" fu considerata opera di Vulca.

Maggior consenso è stato riscosso da Friedrich Matz (1951), il quale ha attribuito la scultura al decennio 480-470 avanti Cristo. Questa datazione perdura stranamente anche dopo l’acquisizione dei nuovi dati. Nel 2000, in occasione della sua presentazione dopo il restauro, la Lupa capitolina veniva ancora dichiarata senza alcuna esitazione, nella pubblicazione curata dai Musei Capitolini, il prodotto di una officina veiente degli anni 480-470. E quanto mai singolare che nel caso di un’opera di così ardua e sofferta classificazione siano rimaste inascoltate le indicazioni provenienti dalle indagini sulla tecnica di fusione eseguite durante il restauro.

Anna Maria Carruba ha sottratto un capolavoro all’arte etrusca, restituendolo a quella medievale. Se fosse necessaria una conferma di questo risultato del suo lavoro basterebbe osservare come la storia dell’arte etrusco-italica non risenta in alcun modo della perdita: la Lupa, in quel contesto, ha costituito sempre una presenza "extra ordinem", irrazionale, estranea a qualunque forma di storicizzazione. Non a caso, infatti, a differenza di altri grandi bronzi quali la Chimera e l’Arringatore, essa ha attratto assai poco l’attenzione di coloro che negli anni recenti più si sono dedicati allo studio dell’arte etrusca. D’altra parte, la nuova datazione lascia intravedere ampie prospettive di studio.

Sono ad esempio già più facilmente comprensibili alcuni rapporti di stile quali l’innesto di forme proprie della scultura sassanide del VII-VIII secolo nell’arte romanica.

(L’autore, ex sovrintendente ai Beni archeologici di Roma, è professore di Etruscologia all’università "la Sapienza")

Fuente: ADRIANO LA REGINA / La Repubblica.it, 17 novembre 2006
Enlace: http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/spettacoli_e_cultura/
lupa-scultura-roma/lupa-scultura-roma/lupa-scultura-roma.html


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Parla l'archeologo Carandini: «La Lupa e antica ce lo dice Livio»

Adele Cambria

23-NOV-2006 L’Unità

La faccia arguta e un po' allarmata della bronzea Lupa Capitolina, sulla copertina dell'ultimo libro curato da Andrea Carandini -«La leggenda di Roma», Volume I, sottotitolo «Dalla nascita dei gemelli alla fondazione della città» (Fondazione Lorenzo Valla / Mondadori Editori) - non sembra granché contenta di questo suo brusco ringiovanimento; Adriano La Regina, infatti, ha autorevolmente spostato la sua data di nascita dal sesto o quinto secolo avanti Cristo all'età medioevale: «Essa si inserisce coerentemente - ha scritto su «La Repubblica» del 17 novembre 2006 -nella classe della grande scultura bronzea di epoca medioevale». Le motivazioni del convincimento espresso dal noto archeologo provengono dalle indagini sulla tecnica di fusione della scultura, condotte dalla storica dell'arte Anna Maria Carruba, cui nel 1997 fu affidato il restauro del simbolo più divulgato della città di Roma. La tecnica di fusione del bronzo a cera persa, ed in un solo getto, infatti, si sarebbe perfezionata soltanto in età medioevale. E tuttavia, come lo studioso stesso non trascura di precisare, quando nel 2000 fu presentato il restauro dell'opera, la relativa pubblicazione curata dai Musei Capitolini continuava a datarla al 480-470 avanti Cristo, e ad attribuirne la fattura ad una officina di Vejo. (Si parla qui soltanto della Lupa intesa come raffigurazione dell'animale che avrebbe salvato Romolo e Remo dalla morte per fame: invece i due gemelli sono opera rinascimentale, attribuita ad Antonio Pollaiolo). Chiedo lumi ad Andrea Carandini: che, forte di oltre due decenni di scavi condotti sul Palatino, (e di un approccio anche storico-letterario, alla ricerca archeologica), continua a perseguire la tesi della attendibilità del mito della fondazione di Roma. «Possibile - gli chiedo - che la Lupa Capitolina sia così giovane?». «Sono molto curioso - mi risponde pacatamente - ed aspetto di poter leggere quanto la restauratrice ha accertato sulle tecniche di fusione del bronzo: non mi risulta che le sue indagini siano state ancora pubblicate. Posso obiettare, forse, che non ci sono i numeri per foimulare una statistica di supporto al convincimento che gli scultori dell'antichità non conoscessero la tecnica della fusione riscontrata nella Lupa: sono così poche le sculture in bronzo arrivate fino a noi...». E il Professore mi rimanda ai suoi scritti: che documentano, anche attraverso i passi-degli storici antichi - da Fabio Pittore, a Livio, a Plinto il Vecchio, a Plutarco - e splendidamente con i versi dei poeti, tra i quali Virgilio ed Ovidio - come il mito/leggenda della Lupa abbia avuto, nel corso dei secoli precristiani, molteplici materializzazioni artistiche ed affabulazioni letterarie diffuse nell'area del Mediterraneo, oltre che a Roma.

«Una Lupa ancora più antica... dalle gonfie mammelle... già esisteva ai tempi della Repubblica, in qualche luogo di Roma, forse sul Campidoglio: è la Lupa Capitolina». Così argomenta Andrea Carandini, a pagina 65 del suo libro «Remo e Romolo». Mentre, tra le fonti raccolte ne «La leggenda di Roma», cita un poetico Livio: «Una lupa assetata deviò il suo cammino... al suono del pianto infantile... abbassò le mammelle e le porse ai neonati in modo così mite che il custode del gregge del re la trovò che leccava con la lingua i due pargoli...».

«Io mi auguro - mi dice ancora l'archeologo, docente di Archeologia Classica a La Sapienza - che un bronzo sicuramente medioevale venga posto a confronto con la Lupa Capitolina. E' vero che essa stessa è un unicum nella produzione bronzea dell'antichità, ma lo è anche rispetto alla grande scultura bronzea medioevale. Per cui riconfermo la mia curiosità e resto in attesa...».

Fuente: PatrimonioSOS.it, 23 de noviembre de 2006
Fuente: http://www.patrimoniosos.it/
rsol.php?op=getarticle&id=25105


(3) Rome’s She-Wolf Younger Than Its City

The icon of Rome’s foundation, the Capitoline she-wolf, was crafted in the Middle Ages, not the Antiquities, according to a research into the statue’s bronze-casting technique.

The discovery quashes the long-prevailing belief that the she-wolf was adopted as an icon by the earliest Romans as a symbol for their city.

Recalling the story of a she-wolf which fed Romulus, the legendary founder of Rome, and his twin brother, Remus, after they had been thrown in a basket into the Tiber River, the statue has been always linked to the ancient world.

It was thought to be either the product of an Etruscan workshop in the 5th century B.C. or the masterpiece of the 6th century B.C. Etruscan sculptor Vulca of Veii.

It was believed that the Romans later adopted the wolf since her defiant stance and raised eyebrows seemed to reflect Rome’s liberation from the Etruscan rule.

On the contrary, scholars have long established that the bronze figures of Romulus and Remus were added in the Renaissance, in accordance to the legend of Rome’s foundation.

"Now incontestable proofs tell us that also the she-wolf is not a product of the Antiquities," Adriano La Regina, former Rome’s archaeological superintendent and professor of Etruscology at Rome’s La Sapienza University, wrote in Italy’s daily "La Repubblica."

According to La Regina, analysis carried out by restorer Anna Maria Carruba during the 1997 restoration of the bronze statue showed that the she-wolf was cast as a single unit. This technique was typically used in the Middle Ages.

"Ancient bronzes differentiate from those made in the Middle Ages because they were cast in separate parts, and then brazed together," La Regina said

First used by the Greeks and then adopted by Etruscan and Roman artists, the technique basically consisted of brazing the separate joints using bronze as welding material.

The new dating of the Capitoline she-wolf was not revealed at the presentation of the restored statue in 2000. The Capitoline Museum, where the bronze is displayed, claims the artwork traces back to 480-470 B.C.

"Analysis and findings from the restoration were ignored," wrote La Regina.

Indeed, it might have not been easy for the Romans to accept that the archetypal symbol of Rome was cast in the relatively recent Middle Ages.

The she-wolf was one of the favored images of Benito Mussolini, the fascist dictator, who considered himself the founder of the New Rome. He sent various copies of the bronze to American cities.

The Capitoline she-wolf was also used in the poster of the 1960 Rome Olympics and is one of the most popular items among souvenir sellers in Rome.

Gregory Warden, a professor of art history at Southern Methodist University who specializes in Etruscan bronzes, found the suggestion that the she-wolf may be medieval "intriguing." But, he does not consider the matter closed.

"While the statue is singular, and thus difficult to compare to other Etruscan statuary, I do not think that the technical argument is fully persuasive, since we have so little comparative evidence for large-scale bronze casting in the Etruscan world," he said. "We certainly cannot assume that Etruscan bronze-casting techniques would always have been identical to those of the Greeks."

Fuente: Rossella Lorenzi, Discovery News. Nov. 22, 2006
Enlace: http://dsc.discovery.com/news/2006/11/22/
shewolf_arc.html?category=history&guid=20061122090000

2 comentarios

Angel Gomez-Moran Santafe -

De todos modos la hipOtesis mas lOgica, dadas las carActerIsticas y Epoca de esta escultura; es que haya sido un vaciado de otra anterior. Muy posiblemente la que le precediO fuera tardorromana;por ello podemos ver la actual como una escultura tan extranna y aparentemente con signos de ser de una falsificaciOn (pues a todas luces es una "rEplica"). Quien ha observado atentamente esta Loba, vE en ella signos suficientes como para parecerle "falsa" o rara. Ello derivarIa de ser un vaciado medieval de una escultura tardoromana a la que se le annadieron los dos ninnos. Pensamos que la escultura tardorromana pudiera esta muy deteriorada en la siglo X y volver a vaciarse, tras sacar un molde del original. Pese a ello, muy posiblemente, a la tardorromana le precediO una romana y a esta una etrusca. Ello darIa explicaciOn al tipo de escultura, a la Epoca y a su dataciOn; asi como a la historia de la imagen.

Angel Gomez-Moran Santafe -

Una obra tan maravillosa vaciada en bronce de Epoca prerromAnica (casi Carlovingia) muestra y demuestra que el pueblo romano era no solo cultIsimo, sinO tambiEn fiel a tradiciones de miles de annos anteriores. Mientras el resto de Europa seguIa entre las brumas medievales, ellos levantaban estatuas a heroes mitolegendarios de periodos preclAsicos. Esta escultura tambiEn demuestra que el arte italiano era en la Edad Media el descendiente directo del arte romano (muy distinto en calidad al del resto de la Europa cristiana.
Que la Loba Capitolina no sea estrusca ni romana, no es una "tristeza" hitOrica, es un orgullo para los que admiramos Italia. Pues mientras solo en AndalucIa podIan crearse un arte comparable al clAsico y conservarse la ciencia, hitoria, filOsofIa y leyendas clAsicas; aun en Roma mantuvieron su cultura y su civilizaciOn de forma incomparable.
Desde el punto de vista artIstico, desearIa que quienes hemos "visto" arqueologIa diEramos nuestra opiniOn sobre la Loba, sin anAlisis metalogrAfico. Pues verIamos que la mayorIa la atribuirIamos a periodos tardorromanos; o como mucho bizantinos. Por ello me maravilla que aun en el siglo X se mantengan tEcnicas de vaciado y creaciOn casi iguales a las del estos periodos co diferencias de quinientos annos (es como si hoy pudiEramos hacer en Espanna una escultura de Pompeo Leonni). Que la Loba sea del siglo X solo implica y demuestra la grandeza de esta cultura. AdemAs deseo pensar que antes de esta escultura medieval estuvo allI, en el mismo lugar, una igual romana... Y, antes de ella, otra estrusca (que hubieron de sustitituir por oxidaciOn). Y por quE deseo, pensar asI?... Porque lo que nadie podrA quitar a Roma es la importancia de su simbologIa y del suenno de la Verdad HistOrica que nos ha transmitido.